
Sono decisamente interessanti i risultati di un progetto di ricerca Inail (Beep – Big data in epidemiologia ambientale e occupazionale) realizzato in collaborazione con Cnr e Regione Lazio in relazione, sui settori lavorativi più a rischio attribuibili all’esposizione a temperature estreme.
In un anno sono 5.211 (1,14%) gli infortuni occupazionali attribuibili all’esposizione a temperature estreme “con una variabilità dei rischi – spiega l’Istituto – in relazione all’età, al genere e alla dimensione aziendale. Per i lavoratori più giovani, infatti, sono maggiori i rischi legato al caldo, mentre per i lavoratori meno giovani è più pericoloso il freddo. Allo stesso tempo, le donne sono più suscettibili rispetto agli uomini alle basse temperature e l’effetto del caldo è più rilevante nelle piccole imprese”.
Lo studio, che prende in esame 2.277.432 infortuni sul lavoro riconosciuti dall’Inail nel periodo 2006-2010, è il primo di dimensione nazionale realizzato nel nostro Paese su questo tema ed ha individuato i settori maggiormente a rischio. Chi lavora nel settore dell’edilizia risulta essere più suscettibile alle elevate temperature, mentre gli occupati nei settori della pesca e dei trasporti subiscono un maggior effetto del freddo.
L’Inail segnala la protezione dei lavoratori come la priorità, alla luce degli scenari di cambiamento climatico visibili a tutti, ricordando che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato il tema del contrasto al cambiamento climatico e della mitigazione degli effetti sulla salute come una priorità di azione. “Secondo il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), senza interventi di mitigazione, fra il 2030 ed il 2050 il riscaldamento globale raggiungerà 1,5°C” scrive nella nota INAIL. L’esposizione a temperature estreme diventa dunque significativa nell’incidenza degli infortuni ed i risultati del progetto di ricerca Inail lo dimostrano, invitando ad intervenire attraverso una mirata ed intensa cultura della prevenzione e protezione dei lavoratori coinvolti.
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